ICP (SPETTROMETRIA AD EMISSIONE AL PLASMA)

ICP (SPETTROMETRIA AD EMISSIONE AL PLASMA)

Che cos’è un ICP e a cosa serve?

La spettrometria ICP (Inductively Coupled Plasma) è una tecnica analitica che ci permette di effettuare analisi sia qualitative che quantitative allo scopo di identificare la composizione chimica di un campione liquido, della sua frazione idrosolubile o in seguito alla sua conversione solido/liquido.

Il nostro laboratorio chimico è dotato di un ICP marca Thermo Fisher Scientific Spa modello iCAP 7200 ICP-OES DUO.

 

Cosa possiamo analizzare e identificare noi della Metalcoating?

  • Analisi qualitativa e quantitativa
  • Analisi della composizione chimica di un campione allo stato liquido
  • Identificazione degli elementi presenti
  • Identificazione degli elementi in tracce su campioni di acque e bagni galvanici
  • Analisi di rilascio di ioni metallici nelle acque
  • Controllo qualità e purezza di liquidi e soluzioni
  • Identificazione di inquinanti in liquidi e soluzioni
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Quali caratteristiche deve avere il campione da analizzare?

Il campione deve essere liquido, fase acquosa, meglio se senza la presenza di particolati.

Principio di funzionamento

L’ ICP si basa sull’utilizzo di un plasma ottenuto innescando la formazione di ioni in un flusso di Argon mediante una scarica elettrica e accelerando questi ultimi con un campo magnetico oscillante generato da una bobina di induzione a radiofrequenza. Il continuo apporto di energia da parte della bobina ci consente di raggiungere temperature di esercizio molto elevate (6000-7000 K) nella zona di eccitazione-osservazione.

La calibrazione dello strumento viene effettuata usando standard sintetici o naturali.

Il campione, dopo essere stato solubilizzato, viene introdotto nel nebulizzatore attraverso una pompa peristaltica. Il flusso di Argon funge da carrier e trasporta l’aerosol all’interno della torcia e del plasma.

Le radiazioni emesse vengono focalizzate su un monocromatore che le invia al fotomoltiplicatore e il segnale viene elaborato da un computer.

Cos’è la camera di nebulizzazione

La camera di nebulizzazione, costituita da materiale resistente alla corrosione, serve per convogliare l’aerosol nella torcia, eliminando le goccioline più grossolane. Il campione, introdotto nel plasma sotto forma di aerosol, subisce prima l’evaporazione della fase liquida a cui segue la vaporizzazione e l’atomizzazione degli elementi.

Il nostro ICP e’dotato di nebulizzatori di Meinhard ed incrociati entrambi appartentti alla categoria dei nebulizzatori pneumatici.

Cosa sono i nebulizzatori pneumatici

I nebulizzatori pneumatici che abbiamo a disposizione hanno portata pari a circa 1 ml/min, contro i 10 ml/min dei dispositivi usati per l’assorbimento atomico e per quelli a fiamma.

  • nebulizzatore a flusso coassiale o di Meinhard, deriva dai nebulizzatori per assorbimento atomico, ma è più piccolo per diminuire la pressione e ridurre la velocità dell’aerosol. E’ di vetro quindi fragile e può essere corroso dall’acido fluoridrico.
  • nebulizzatore a flusso incrociato o nebulizzatore trasversale o a effetto Venturi, ha il flusso di Argon diretto perpendicolarmente alla punta del tubicino di aspirazione del campione. E’ meno efficiente del precedente, ma è più robusto e si intasa meno.

Cos’è la torcia al plasma

La torcia al plasma, avente un diametro di 2 cm, è costituita da due tubi concentrici di quarzo. L’estremità finale di questo dispositivo è posta in una bobina di induzione magnetica alimentata da corrente elettrica ad alta radio frequenza. Nel capillare centrale dei tubi di quarzo viene immesso il campione nebulizzato mentre nel tubo esterno l’Argon raffredda la parte più bassa della torcia prima di entrare nel plasma.

La bobina, percorsa da corrente alternata ad alta frequenza, produce un campo magnetico oscillante che genera (tramite una scarica elettrica) e mantiene il plasma.

Nel plasma si possono distinguere tre zone a diversa temperatura:

  • zona cava, in cui arriva il campione (6500-8000 K)
  • zona del plasma concentrato (circa 10000 K)
  • zona di eccitazione-osservazione (6000-6500 K)

Cos’è il monocromatore

Le radiazioni emesse dalla zona di eccitazione-osservazione del plasma vengono prelevate e focalizzate da una lente sulla fenditura di ingresso del monocromatore, infatti i segnali raccolti vengono inviati su sistemi monocromatori che consentono di rendere la radiazione elettromagnetica il più possibile monocromatica prima di inviarla al rivelatore.

Il monocromatore nella spettrometria ICP utilizza come elemento disperdente un reticolo di riflessione piano che ci permette l’analisi sequenziale di diversi elementi.

Il sistema di rivelazione sfrutta solitamente i fotomoltiplicatori associati a due sistemi disperdenti: un prisma e un reticolo. Il prisma separa le radiazioni lungo un asse del piano del rivelatore e le focalizza sul reticolo che le disperde lungo un asse ortogonale al primo.

Lo spettro che ne risulta viene focalizzato su un rivelatore: quando una riga di emissione colpisce un’area del rivelatore le cariche elettriche si accumulano e possono essere registrate da un sistema di elaborazione del segnale.

Il sistema di elaborazione del segnale e di presentazione dei dati è computerizzato, così come la gestione delle diverse fasi operative. Questo ci consente notevoli vantaggi come la scelta delle righe analitiche, operare correzioni del disturbo di fondo, controllare numerosi parametri (come tempo di integrazione, flussi di argon, generatore di radiofrequenza, alimentazione del nebulizzatore, accensione del plasma,…), memorizzare e visualizzare più curve di calibrazione relative a diversi analiti, memorizzare metodi analitici e spettri di emissione, calcolare parametri statistici, parametri di regressione delle curve di calibrazione, limiti di rivelabilità, rapporto segnale/disturbo.

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